Il giudizio è un processo cognitivo che ci consente di effettuare una valutazione su noi stessi, sul mondo e sugli altri e di farci un’opinione in proposito.
I tipi di giudizio sono stati classificati in vari modi, fondamentalmente si distinguono: giudizio morale, giudizio sociale e giudizio estetico.
Giudizio sociale
Il giudizio sociale si riferisce alla valutazione che le persone fanno le une delle altre in base a vari fattori quali il comportamento, l’aspetto fisico, l’età, l’appartenenza a gruppi, i ruoli sociali, lo status sociale, il genere e il modo di esprimere le emozioni.
Il giudizio sociale può avere profonde implicazioni psicologiche ed emotive, può influenzare l’autostima e l’immagine di sè, causare ansia sociale, vergogna, condurre a sentimenti di inadeguatezza e alimentare comportamenti difensivi o di evitamento delle situazioni sociali.
La tendenza a giudicare è una caratteristica umana che influisce sul modo in cui percepiamo noi stessi e gli altri e sulle dinamiche relazionali. Spesso il giudizio è rapido e automatico basato su schemi esistenti e generalizzazioni dovute alle esperienze precedenti con caratteristiche simili.
Le esperienze familiari, culturali e sociali hanno un ruolo significativo nella formazione dei giudizi e possono influenzare ciò che consideriamo accettabile, inaccettabile, giusto, sbagliato, strano o normale.
Nel corso dell’evoluzione umana il giudizio sociale è emerso come meccanismo adattivo svolgendo un ruolo chiave nella valutazione degli altri membri del gruppo e promuovendo la coesione sociale e la conformità alle norme sociali che guidano l’interazione all’interno di uno specifico gruppo.
L’appartenenza a un gruppo, oltre agli altri vantaggi connessi alla sopravvivenza e agli effetti della collaborazione, secondo Turner, fornisce agli individui un’identità sociale, aiutandoli a definire chi sono attribuendosi caratteristiche simili agli altri membri del gruppo.
La teoria della mente, che consiste nella capacità di comprendere gli stati mentali e le intenzioni dell’altro, è un elemento fondamentale del giudizio sociale e può aver favorito la cooperazione, la condivisione di norme e di culture all’interno di uno specifico gruppo.
Il giudizio sociale può essere cruciale per determinare se è possibile collaborare efficacemente e ha consentito la trasmissione di conoscenze.
Nei nostri giudizi sociali tendiamo ordinare l’ambiente e le persone in categorie, minimizzando le differenze all’interno di un gruppo e accentuandole tra gruppi e a valutare in termini comparativi. In questo modo attribuiamo a una persona che conosciamo poco le caratteristiche della categoria a cui appartiene e la nostra attenzione sarà focalizzata sulla conferma di questa ipotesi iniziale più che a cercare informazioni in contrasto.
Come esseri umani abbiamo la tendenza a generalizzare, questo meccanismo ha avuto un significato adattivo nell’evoluzione umana ma può portare a superficialità del giudizio, semplificazioni e creazione di stereotipi e pregiudizi. Generalizzare ci consente di semplificare il flusso di informazioni che riceviamo e di ordinarle in categorie preesistenti gestendo la complessità in modo più efficiente. Nella storia dell’uomo poter fare valutazioni veloci, senza analizzare i dettagli, e basate su generalizzazioni di esperienze precedenti può aver contribuito alla sopravvivenza.
Il mondo è complesso e caotico e le generalizzazioni, gli stereotipi e i pregiudizi consentono di avere una visione semplificata che ci consente di prendere decisioni in situazioni in cui è presente un sovraccarico di informazioni o quando è necessaria una valutazione rapida. La società e la cultura influenzano le nostre percezioni e aspettative, la conformità sociale può portarci a un allineamento con le opinioni e le generalizzazioni diffuse nella comunità alimentando il nostro senso di sicurezza e appartenenza.
Uno stereotipo è una generalizzazione semplificata e spesso distorta basata su aspetti superficiali come razza, genere, età, orientamento sessuale, religione, appartenenza a specifici gruppi, ruoli e status sociale e su informazioni limitate o errate.
Il pregiudizio è una valutazione preconcetta su una persona o una situazione basata su stereotipi senza che vi sia conoscenza approfondita e diretta.
Paura del giudizio
La paura del giudizio è un’esperienza comune che può influenzare le relazioni sociali, il comportamento e il nostro benessere emotivo cui può essere associata ansia e preoccupazione di essere giudicati e criticati o insicurezza e senso di inadeguatezza.
Dal punto di vista evolutivo la paura del giudizio presenta una serie di vantaggi per l’individuo che la sperimenta purché questa non sia pervasiva e non limiti le relazioni sociali.
La conformità sociale, cioè condividere norme e cultura del gruppo di appartenenza, può contribuire alla coesione sociale promuovendo la collaborazione interpersonale, la paura del giudizio favorisce l’adesione alle norme e alla cultura. Secondo Sherif e Sherif una norma è una scala di valori che definisce cosa sia accettabile o inaccettabile all’interno di un’unità sociale. Le norme oltre a regolare l’esistenza sociale la rendono prevedibile e riducono l’ansia degli appartenenti al gruppo.
La sensibilità al giudizio può favorire l’integrazione sociale storicamente cruciale per ottenere supporto, condivisione delle risorse e protezione dalle minacce, riducendo al minimo il rischio di esclusione. La paura del giudizio influisce infatti sulla nostra valutazione del rischio di esclusione, consentendoci di appartenere stabilmente a un gruppo sociale.
La paura del giudizio è determinante anche nella selezione del partner determinando il nostro comportamento, che in questo caso è orientato ad apparire attraenti, per incrementare la possibilità di attrarre il partner prescelto.
Il confronto sociale secondo Festinger fa parte della motivazione ad auto-valutarci. Il confronto con l’altro può essere di due tipi: verso il basso con persone che hanno prestazioni inferiori alle nostre, viene messo in atto per preservare la nostra autostima; verso l’alto, nei confronti di individui comunque simili a noi, con l’intento di migliorare la prestazione. Dal confronto sociale può scaturire senso di inadeguatezza con paura del giudizio. La paura del giudizio del resto favorisce l’apprendimento sociale promuovendo l’imitazione di comportamenti di successo all’interno del gruppo.
L’ambiente familiare può essere determinante nello sviluppo di questa paura se i genitori sono stabilmente critici e se trasmettono un forte senso di importanza al successo sociale e alle prestazioni.
Gli individui che hanno sperimentato esperienze positive di accudimento nelle relazioni con i genitori sono maggiormente sicuri e hanno un più alto livello di autostima, risultando meno sensibili al giudizio nelle interazioni sociali. Chi ha sperimentato instabilità, incoerenza, trascuratezza e distacco nelle relazioni primarie può manifestare una maggiore sensibilità al giudizio e sviluppare modalità di fronteggiamento (coping) disfunzionali.
Coping evitante: la persona potrebbe sviluppare la tendenza a evitare situazioni sociali per paura di critiche e giudizi.
Coping dipendente: alcuni individui potrebbero cercare costantemente approvazione e conferma da parte degli altri per bisogno di accettazione e sicurezza nell’appartenenza.
Sono molti i fattori che possono influenzare l’acuirsi della paura del giudizio.
Secondo Festinger esiste una motivazione umana universale che ci spinge a valutare lo nostre capacità e opinioni, per farlo ricorriamo al confronto sociale e all’aiuto dell’altro per ottenere informazioni in modo da consolidare il nostro auto-giudizio.
Dal costante confronto con gli altri e con gli standard sociali di una determinata cultura può scaturire un senso di inadeguatezza, inferiorità, paura dell’esclusione e sensibilità accentuata al giudizio.
L’auto-giudizio negativo e la paura del giudizio possono influenzarsi reciprocamente.
La tendenza all’autocritica del soggetto influisce in modo determinante su questa paura. La ruminazione sugli errori passati e sugli insuccessi presunti o reali può intensificare la paura perché il soggetto suppone di essere giudicato dagli altri per questi stessi eventi.
La persona quando si auto-giudica può avere la tendenza ad avere una memoria selettiva con ricordi più vividi di esperienze negative di giudizio e critica contribuendo al timore di essere giudicata negativamente in futuro.
La tendenza a generalizzare esperienze negative isolate ad un modo di essere stabile dell’individuo rafforza la paura del giudizio.
La naturale tendenza a fare riferimento agli altri per auto-giudicarsi può acuire la sensibilità al giudizio.
Esperienze di esclusione o forte critica possono contribuire a questa paura. La pressione sociale a conformarsi a modelli e norme di riferimento può manifestarsi con la paura di non essere accettati o essere emarginati se non si soddisfano queste aspettative e può avere un forte impatto sulla percezione che l’individuo ha di se stesso.
Alla base della paura del giudizio può esserci uno schema interpersonale in cui la persona ha un’immagine di sé di poco o nessun valore e un’immagine dell’atro come severo e giudicante.
La psicologia sociale ha individuato una serie di “errori” ricorrenti e sistematici che l’essere umano tende a compiere nel corso del processo di elaborazione e valutazione delle informazioni. Le ricerche di Tversky e Kahneman già nel 1973 “...avevano dimostrato che la mente umana nei suoi giudizi non segue i canoni della logica simbolica o della statistica probabilistica, ma piuttosto dei procedimenti abbreviati, delle scorciatoie cui i due autori hanno dato il nome di euristiche.” (Amerio 1995).
Queste euristiche possono influenzare la percezione, la memoria e la presa di decisioni, questi errori sono oggi definiti bias cognitivi e i più comuni, connessi alla paura del giudizio, possono essere riassunti come segue.
Conferma delle aspettative: l’attenzione è selettiva e rileva tendenzialmente ciò che già conosciamo e le conferme alle nostre ipotesi e paure.
Lettura della mente: possiamo presumere di sapere quello che l’altro pensa anche in assenza di prove evidenti di quello che l’altro pensa di noi e queste ipotesi possono corrispondere con le nostre paure.
Attenzione selettiva: siamo maggiormente attenti ai segnali che confermano le nostre paure, sottovalutando quello che contraddice le opinioni preesistenti.
Catastrofismo: tendenza a immaginare il peggiore scenario possibile, immaginando che l’altro abbia un giudizio estremamente negativo su di noi anche senza prove concrete.
Profezia che si auto avvera: la paura del giudizio può indurre comportamenti che inducono l’altro a giudicarci negativamente.
Pensiero dicotomico: tendenza a percepire le valutazioni sociali come completamente buone o cattive, senza tenere conto delle sfaccettature.
Personalizzazione: tendenza a interpretare gli eventi come conseguenza del nostro comportamento, assumere che gli altri ci stiano giudicando anche se non ci sono prove evidenti.
Riconoscere questi bias cognitivi quando si attivano può aiutarci a affrontare in modo più realistico questo timore consentendoci una prospettiva più adeguata nelle interazioni sociali.
La paura del giudizio può manifestarsi in vari modi e avere conseguenze sulle nostre relazioni sociali. L’individuo può temere di parlare in pubblico o partecipare a riunioni o discussioni di gruppo perché si preoccupa eccessivamente di essere giudicato per il proprio modo di esprimersi, per le proprie prestazioni o il proprio aspetto fisico, può esserci la paura di esprimere apertamente e liberamente le proprie emozioni se il soggetto tende a percepirle come deboli e inadeguate.
Il soggetto può evitare situazioni di confronto che presuppongono la valutazione dei risultati personali e che generano forte ansia, uno studente potrebbe decidere di smettere di studiare a causa dell’ansia da prestazione e per il timore di essere criticato.
La paura del giudizio può ostacolare la capacità di esporre opinioni controcorrente e portare il soggetto a conformarsi all’opinione comune del gruppo per evitare di essere emarginato o escluso.
Questa paura può rendere difficoltose le relazioni romantiche con forte ansia di essere giudicati per il proprio comportamento, la propria personalità o le scelte personali, inibendo il soggetto fino al silenzio o l’evitamento degli incontri.
La paura del giudizio è strettamente connessa all’emozione di vergogna. La vergogna è un’emozione complessa con una forte componente cognitiva connessa all’auto-giudizio o al giudizio dell’altro per aver commesso un’azione contraria ai nostri valori o alle norme sociali e culturali di appartenenza che impatta fortemente sull’immagine di sè.
La vergogna è vantaggiosa perchè ci consente di appartenere a un gruppo ma può condurre all’isolamento sociale o all’evitamento di specifiche situazioni con difficoltà a comunicare le proprie esperienze interiori e può determinare un profondo senso di inadeguatezza e solitudine. Le esperienze di vergogna sono fortemente soggettive e possono variare da persona a persona in base alla personalità, alle esperienze di vita, all’immagine di sé e alle proprie aspettative.
L’approccio alla paura del giudizio dovrebbe tenere conto degli aspetti positivi e negativi di questo processo evolutivamente adattivo. Sebbene questa paura possa aver avuto vantaggi evolutivi può generare stress sociale, ansia, vergogna, contribuire a strutturare un disturbo di fobia sociale e impattare sull’autostima e l’immagine di sé in generale.
Affrontare la paura del giudizio può consistere in una riflessione sulla consapevolezza dell’esistenza del problema, sullo sviluppo di strategie di gestione dell’ansia e della vergogna, di un lavoro sull’immagine di sé e l’autostima e nell’incrementare la capacità di confortarsi per i propri limiti con maggiore compassione verso se stessi.
Nei casi più gravi in cui c’è un forte impatto sulle proprie capacità relazionali o sui propri stati interni può essere utile cercare il supporto di uno psicoterapeuta.
Se pensi di aver bisogno di un consulto psicologico e di iniziare una psicoterapia online, puoi fissare un appuntamento scrivendo a info@marinaugolini.it
Dr. Marina Ugolini
Bibliografia
Fondamenti teorici di psicologia sociale – Amerio
Psicologia sociale dei gruppi – Rupert Brown