Dipendenza affettiva patologica: come riconoscerla

Dipendenza affettiva patologica: come riconoscerla

In ogni relazione c’è un certo grado di dipendenza sana, abbiamo infatti bisogno di un certo livello di stabilità, coerenza e sicurezza nella relazione con l’altro e di percepire disponibilità e appoggio.

Alcune delle situazioni descritte di seguito si manifestano anche nelle fasi iniziali di innamoramento, qui ci si riferisce però a una modalità persistente, incorreggibile e duratura di sentire e comportarsi nelle relazioni di coppia.

La relazione diventa disfunzionale e si può parlare di dipendenza affettiva patologica quando non c’è spazio per l’individualità propria e dell’altro e vi è un persistente senso di insicurezza.

Alla radice della dipendenza affettiva sembra esserci la paura più che l’amore.

Si può ipotizzare una iperattivazione del sistema di attaccamento in cui è continuamente presente la ricerca di protezione da parte di una figura di accudimento con riduzione della sensibilità ai segnali di pericolo (partner disfunzionale) e di indisponibilità e con impossibilità di attivazione di altri sistemi motivazionali. Le cause di innesco saranno pertanto vulnerabilità, stanchezza, paura o dolore, solitudine, mentre le emozioni attivate saranno pertanto tristezza, collera da protesta, disperazione, distacco emotivo. Nella coppia il ruolo del partner è concepito in termini di “genitore affettivo” ed è attivo prevalentemente il sistema di attaccamento a scapito di quello sessuale (erotismo) e quello collaborativo (progetti comuni) (leggi di più).

La persona cerca all’esterno un punto di riferimento per confermare il proprio valore e superare la sensazione di rimanere sola e abbandonata, il soggetto si considera fragile e incapace di prendersi cura di sé in modo autonomo per provvedere al proprio benessere e alla propria regolazione emotiva.

Nel caso di dipendenza affettiva patologica il soggetto non è in grado di rinunciare alla relazione anche se questa è umiliante, limitante, dannosa o distruttiva. Il soggetto dipendente non è in grado di uscire dalla relazione che genera sofferenza e può sviluppare ansia con insonnia, depressione, malinconia o idee ossessive. La dipendenza affettiva patologica non è amore perché ha come esito la sofferenza, la malattia e a volte la morte. La persona può continuamente oscillare tra rimanere in coppia e lasciare il partner senza riuscire a risolvere questo conflitto interno.

I dipendenti affettivi possono mettere in atto comportamenti psicologicamente o fisicamente aggressivi, strategie di controllo e manipolazione. Il rapporto risulta fondato su meccanismi di controllo e limitazione della libertà, può esserci gelosia morbosa e intrusione nei confini reciproci.

Vi è chiusura all’interno della coppia e continua preoccupazione relativa alla continuità del rapporto con paura dell’abbandono. Il soggetto è totalmente assorbito dall’oggetto d’amore tanto da mettere in secondo piano stabilmente e irrimediabilmente i propri scopi e interessi personali (studio, lavoro, tempo libero, amicizie) e tende a non investire in altre relazioni esterne alla coppia. La paura dell’abbandono può creare dinamiche disfunzionali all’interno della coppia che conducono alla perdita di fiducia reciproca. L’ansia costante di essere lasciati può includere continue richieste di rassicurazione e conferma con aspettative di devozione assoluta da parte del partner.

L’individuo con dipendenza affettiva patologica può evitare di mostrare o non essere a contatto con i propri desideri più autentici e può rinunciare a realizzare quelli che erano gli scopi principali della sua vita a favore di una fusionalità con il partner prescelto o per compiacere ed evitare di essere rifiutato.

Chi soffre di dipendenza psicologica può sperimentare fatica emotiva nella relazione non sentendosi mai tranquillo, rimugina sulle proprie azioni e pensa di avere dei difetti che possono in qualche modo interferire con la relazione e provocare rabbia o abbandono. La colpa che può sentire ha funzione riparatoria con cui tiene la relazione in una condizione di stabilità prendendosi la responsabilità di quello che non funziona. A causa del senso di inadeguatezza spesso presente può provare vergogna e tristezza per alcune sue parti che considera sbagliate e disfunzionali. Colpa, tristezza e vergogna che si generano nella relazione di dipendenza distraggono dai propri bisogni più profondi con fatica a investire su di sé e sulla propria progettualità. L’attenzione è focalizzata sulla relazione sulla quale il soggetto investe gran parte delle proprie risorse, la persona è molto sensibile ai bisogni dell’altro piuttosto che ai propri fino ad arrivare a un certo punto a provare rabbia e mettere in atto recriminazioni per non aver espresso in modo adeguato le proprie esigenze nel momento in cui le sentiva.

La persona pensa di aver trovato una relazione all’interno della quale soddisfare tutti i propri bisogni e desideri e in assenza del partner l’esistenza diventa priva di significato.

L’autostima del soggetto in relazione di dipendenza dipende esclusivamente dall’andamento della relazione e dalle rassicurazioni e approvazioni del partner. Il soggetto permette all’altro di definirlo in modo che ogni valutazione dell’altro impatta su quello che la persona sente e su come percepisce se stessa.

L’allontanamento temporaneo del partner può provocare intensa gelosia con comportamenti di aggressività verbale o fisica, c’è l’esigenza di costante vicinanza con l’altro e richiesta di sempre maggiore presenza, l’assenza dell’altro può generare stati d’ansia e prostrazione, vi è costante paura di perdere l’altro. La separazione per il soggetto dipendente ha un significato catastrofico, lo può condurre a sentirsi totalmente privo di valore, l’amore che non riceve è interpretato come un difetto intrinseco, la persona si sente indegna di essere amata.

La persona con dipendenza affettiva può scegliere un partner che conferma i suoi timori, che non garantisce sicurezza, ascolto, disponibilità e presenza. Questa scelta dipende dal fatto che il comportamento del partner è prevedibile nella sua indisponibilità ed è coerente con le memorie relazionali del soggetto dipendente, la persona è paradossalmente a suo agio in questo tipo di relazione disfunzionale con un partner imprevedibile perché rispecchia le relazioni infantili.

Le esperienze infantili di persone con dipendenza affettiva si ipotizza siano quelle di attaccamento insicuro. Gli stili di attaccamento teorizzati da Bowlby e successivamente dalla Aisworth descrivono come il bambino costruisce il suo modo peculiare di mettersi in relazione, l’immagine di sé e dell’altro. Esperienze inconsistenti, inaffidabili o traumatiche in queste relazioni possono contribuire sia a modelli di attaccamento insicuri che alla dipendenza affettiva.
Il bambino che sente di non essere amato si trova costretto a dare un significato a questa esperienza, spesso questo è autoriferito in termini di non meritare amore e di essere in qualche modo sbagliato e i suoi bisogni non degni di attenzione, in questo modo non mette in discussione il valore dei genitori fondamentali per la sua crescita. Questo presunto deficit personale si trasforma in un convincimento inconscio che rimane sottotraccia e condiziona il modo di mettersi in relazione e la scelta del partner.

Spesso nei casi di dipendenza affettiva si riscontrano ferite emotive legate a esperienze dell’infanzia non elaborate e non sanate, che riguardano condizioni di solitudine, trascuratezza emotiva, maltrattamento perpetrate da chi avrebbe dovuto invece prendersi cura. Il dipendente affettivo mostra bisogni di accudimento e protezione che rimandano a vissuti infantili in cui la sicurezza e il riconoscimento sono stati carenti o addirittura assenti. Il bambino impara strategie per rimanere in relazione, come ad esempio non esprimere i propri bisogni e le proprie emozioni, esorcizzando così la paura dell’abbandono. L’abitudine a non esprimere i propri bisogni e le proprie emozioni a subire maltrattamenti per essere visto impedisce la presenza nella mente del proprio più autentico mondo interiore e quindi la elaborazione e regolazione di emozioni e bisogni e la messa in atto di azioni adeguate.

Come riconoscere la dipendenza affettiva patologica:

Paura di essere abbandonati
Le persone affette da dipendenza affettiva temono profondamente di essere abbandonate o rifiutate. Questo può portarle a sopportare comportamenti negativi, pur di non rischiare la fine della relazione.

Bassa autostima
Tendenzialmente, hanno una percezione negativa di sé e si considerano non abbastanza degne di amore. Di conseguenza, tendono a cercare conferme esterne per sentirsi valide e apprezzate.

Sacrificio eccessivo
Per evitare conflitti e mantenere la vicinanza dell’altro, queste persone tendono a mettere da parte i propri bisogni e desideri. Si sacrificano, a volte in modo estremo, per far piacere al partner.

Bisogno di controllo e gelosia
La paura di perdere la persona amata può portarle a comportamenti di controllo eccessivo e a una gelosia immotivata, per ridurre la loro insicurezza.

Difficoltà a stare da soli
Sentono un vuoto interno o una forte ansia quando sono da soli. Questo le porta a vivere con molta difficoltà la solitudine e a cercare costantemente la presenza fisica o emotiva dell’altro.

Idealizzazione del partner
Le persone con dipendenza affettiva tendono a idealizzare il partner, attribuendogli qualità esagerate e ignorando eventuali difetti. Questo meccanismo le porta spesso a giustificare anche comportamenti tossici.

Ansia e stress
La relazione, anziché essere fonte di serenità, diventa spesso causa di ansia e stress. Ogni segnale di distacco o cambiamento nel partner viene percepito come una possibile minaccia di abbandono.

Mancanza di confini personali
Queste persone faticano a distinguere i propri bisogni da quelli del partner e tendono a “fondersi” emotivamente, senza stabilire confini personali sani.

Senso di colpa
Quando cercano di prendere le distanze o di affermare i propri bisogni, spesso si sentono in colpa. Possono anche sabotare tentativi di cambiamento per paura di perdere il partner o di trovarsi da sole.

Per superare la dipendenza affettiva patologica è necessaria la consapevolezza dell’esistenza del problema e una forte motivazione al cambiamento, sono in genere infelicità e sofferenza a spingere la persona a intraprendere una terapia senza che vi sia consapevolezza della radice del problema.

Il problema principale è proprio quello di accorgersi di avere un problema, spesso le persone che si rivolgono al terapeuta lo fanno senza questa consapevolezza con l’intento di riuscire a cambiare e controllare il partner che non risponde alle sue richieste di presenza e approvazione. La consapevolezza delle dinamiche relazionali e dei comportamenti dipendenti è fondamentale per avviare il cambiamento.

Cambiare partner non risolve il problema di dipendenza che si riproporrà, nella persona con questa tendenza, anche nella nuova relazione dopo una prima fase positiva.

Superare la dipendenza affettiva patologica è un processo che richiede tempo e impegno per poter comprendere il proprio funzionamento e acquisire la capacità di mettersi in relazioni sane, per apprendere ad autoregolare le proprie attivazioni emotive autonomamente e superare la tendenza inconsapevole di attivare costantemente il sistema motivazionale dell’attaccamento.

Il percorso con uno psicoterapeuta può essere centrato sul lavoro sull’autostima, sulla gestione di limiti e confini nelle relazioni, sullo sviluppo di scopi e passioni personali, su una maggiore conoscenza del proprio mondo emotivo, sull’imparare a gestire e a godere della solitudine, sullo sviluppo di una consapevolezza più profonda delle dinamiche relazionali che il soggetto mette in atto, sulla regolazione dell’iperattivazione del sistema di attaccamento e quindi la possibilità di sperimentare l’attivazione di altri sistemi motivazionali.

Se pensi di aver bisogno di un consulto psicologico e di iniziare una psicoterapia online, puoi fissare un appuntamento scrivendo a info@marinaugolini.it

Dr. Marina Ugolini

Bibliografia

La dipendenza affettiva – Cesare Guerreschi

L’evoluzione della emozioni e dei sistemi motivazionali – Giovanni Liotti, Giovanni Fassone, Fabio Monticelli