Attaccamento e genitorialità

Attaccamento e genitorialità

Il comportamento di attaccamento del bambino per assicurarsi protezione, vicinanza e soddisfacimento dei bisogni primari è programmato biologicamente (innato) e si modifica in funzione delle contingenze ambientali. Il sistema si adegua alla responsività e sensibilità del caregiver in un continuo processo di regolazione fino a configurare un modello specifico per il singolo bambino.

L’attaccamento permette di costruire una struttura interna in grado di consolare e proteggere.

All’interno delle esperienze di attaccamento si sviluppa la modalità di esprimere e regolare le attivazioni emotive e la flessibilità dell’intero sistema regolatorio.

L’autoregolazione emotiva determina l’auto-organizzazione della mente, da come regoliamo le nostre emozioni dipende il nostro modo di interagire con il mondo e con gli altri. E’ inevitabile che l’attivazione emozionale a volte superi la nostra capacità di tolleranza con il risultato che la nostra mente ne risulta disorganizzata e le capacità cognitive di ragionamento e problem-solving si riducono. I processi di regolazione sono connessi al temperamento e alle esperienze di vita ossia genetica e ambiente relazionale.

Dagli studi di Sroufe e collaboratori emerge come le relazioni infantili di esperienze di accudimento da parte del caregiver, cioè il tipo di attaccamento, influenzino il modo in cui il bambino svilupperà il suo modo peculiare di autoregolare le proprie attivazioni emotive anche da adulto.

In età adulta si tenderà a riprodurre questi modelli relazionali sani o patologici che siano e a circondarsi di persone coerenti con questi stili.

La relazione di risonanza emotiva è caratterizzata da scambi di espressioni facciali, gesti, postura, tempi di risposta, tono e ritmo del parlato e parole e impatta sui centri di attivazione e valutazione che mediano le risposte emozionali modificando lo stato della mente dei due interagenti. Questi pattern di interazione appresi si fissano nella memoria e diventano il nostro modo abituale di relazionarci dando origine a coerenza e prevedibilità anche nei casi in cui tali memorie siano disfunzionali e non favoriscano un’adeguata autoregolazione ed espressione delle emozioni.

Quando a uno stato di attivazione del bambino non corrisponde una risposta analoga da parte del genitore il bambino prova vergogna che è appunto legata a una mancata connessione e rispecchiamento, manca la sintonizzazione emotiva ricercata, manca il riconoscimento dei segnali inviati. Esperienze ripetute di mancata sintonizzazione emotiva che provocano vergogna possono portare il bambino a sperimentare umiliazione, emozione potenzialmente traumatica per la costruzione dell’immagine di sé del bambino. Il bambino non si sente sentito e impara egli stesso a sopprimere le emozioni che gli hanno provocato vergogna e umiliazione. Se il rispecchiamento dell’adulto è disfunzionale il bambino si sentirà confuso rispetto alle proprie emozioni che non potranno essere riconosciute e integrate nel proprio sé, con l’impossibilità di modularle.

I bambini con Attaccamento Sicuro sperimentano nel primo anno di vita frequenti esperienze di sintonizzazione emotiva, momenti piacevoli e condizioni di condivisione di interessi. Il genitore risponde in maniera tempestiva, congruente ed efficace dal momento che è in grado di comprendere i segnali del figlio. Il bambino si sente amabile e degno di attenzione e di cura creando rappresentazioni di sé e dell’altro coerenti e piene di senso. Si crea una connessione chiara tra i propri segnali di richiesta di vicinanza e la risposta del caregiver che contribuisce allo sviluppo di un senso di efficacia del proprio agire. I bambini con attaccamento sicuro tendono a essere tranquilli dal punto di vista dell’attivazione somatica e hanno il desiderio di esplorare l’ambiente potendo contare su una base sicura a cui tornare. In questo tipo di relazione spesso le situazioni di mancata sintonizzazione sono seguiti da momenti di riparazione. Il bambino impara che quando si attiva emotivamente non perde la connessione con il genitore e si sviluppano narrazioni coerenti degli eventi.
“Quando nell’interazione con il caregiver il bambino può incontrare una mente in cui le azioni e i pensieri, suoi e dell’altro, possono essere visti e ricevere un significato, egli non fa solo esperienza delle proprie proiezioni contenute dalla mamma, ma può interiorizzare una specifica funzione simbolica che gli consentirà di esplorare e mentalizzare le azioni e i sentimenti altrui nonché i propri.” (Granieri – Albasi)

Il bambino con Attaccamento Evitante è esposto a situazioni in cui i genitori sono distanti e non in grado di rispondere in modo adeguato alle sue richieste di vicinanza e protezione, manifestano rifiuto e atteggiamenti di trascuratezza. La sintonizzazione emotiva si manifesta raramente nella relazione con l’effetto che il bambino svilupperà difficoltà nell’esprimere le proprie emozioni e l’accesso alla coscienza di queste sarà limitato. Impara a minimizzare il valore delle emozioni e a ridurre la loro espressione, risulta disconnesso dalle attivazioni emotive in termini sia interni che interpersonali. All’interno della mente del bambino si formeranno due modelli di sé e dell’altro, un modello in cui il bambino valuta il sé come “cattivo”, indegno di attenzioni e cure, che giustifica il rifiuto del caregiver sarà accessibile alla coscienza, l’altro modello che sente il sé buono e amabile e il genitore rifiutante come “cattivo” verrà presumibilmente escluso dalla coscienza ma sarà comunque in grado di influenzare i processi relazionali.

Il bambino con Attaccamento Ambivalente è esposto a relazioni imprevedibili e contraddittorie in cui non sempre è presente sintonizzazione emotiva, il genitore a volte può rispondere in maniera intrusiva dal momento che non è riconosciuto lo stato interno del bambino il bambino costruisce un’immagine del caregiver come non disponibile. Il termine ambivalente si riferisce al fatto che il bambino da un lato desidera la presenza della figura di attaccamento ma dall’altro ne rifiuta il conforto continuando a manifestare emozioni di rabbia e pianto anche in presenza del caregiver. Sono spesso evidenti ansia e paura della separazione con forti stati di attivazione. Il bambino vive in un contesto in cui perdere il controllo delle emozioni è funzionale al mantenimento della relazione con il caregiver. Il bambino impara che le emozioni sono incontrollabili, soverchianti e di non essere in grado di regolarle da solo. L’espressione emotiva è amplificata nel tentativo di richiamare l’attenzione di un genitore distratto e incoerente.

Il bambino con Attaccamento Disorganizzato ha paura delle conseguenze dei suoi comportamenti e ha timore della propria incolumità fisica nella relazione con il genitore che ha spesso una storia di traumi non elaborati. L’atteggiamento del genitore sembrerebbe configurarsi come spaventato o spaventante. Le risposte del genitore hanno un effetto disorganizzante e disorientante, tali risposte possono essere aggressive o il genitore può essere in uno stato della mente confuso e spaventato. Manca la sintonizzazione emotiva e le continue esperienze di disconnessione e di paura della figura di attaccamento possono evolversi in stati di dissociazione e sensazione di frammentazione del sé. Il bambino percepisce il mondo come incoerente e non sicuro e queste esperienze interferiscono con lo sviluppo di processi di autoregolazione emotiva, si costruiscono narrazioni caotiche e incongruenti. I bambini disorganizzati non sembrano in grado di fare esperienza in modo coerente dei propri stati interni regolandoli e organizzandoli, sembrano ipervigili e sensibili invece agli stati mentali del caregiver. Il mancato riconoscimento nell’esperienza di attaccamento madre bambino può portare a forme di dissociazione in cui quello che non acquista senso e non viene riconosciuto o convalidato viene escluso dalla continuità della coscienza.

La sintonizzazione emotiva aiuta il bambino a riconoscere i propri stati interiori, le proprie emozioni e sensazioni come legittime espressioni dell’esperienza umana che possono essere espresse e non minacciano la continuità della relazione. Il senso di sé di un bambino che invece non è esposto a sintonizzazione può impedire il riconoscimento e l’espressione dei propri stati interni. Sono i momenti di rottura e di recupero della sintonizzazione emotiva che consentono al bambino di apprendere un senso di controllo.

Lo stile di attaccamento appreso spiegherà nell’età adulta quali strategie il soggetto userà per mantenere la relazione, le modalità espressive delle emozioni e la flessibilità e coerenza delle narrazioni oltre a determinare il proprio stile di accudimento.

Esperienze di attaccamento più tardive possono contribuire a modificare le memorie precedenti e permettere cambiamenti integrativi che consentono di mettersi in relazione con i propri stati emotivi in modo diverso da come era caratteristico nelle fasi precedenti del ciclo evolutivo.

Raggiungere un equilibrio tra la definizione di limiti e regole e nello stesso tempo praticare una comunicazione contingente e sintonizzata con i nostri figli può sembrare difficile. Si tratta prima di tutto di imparare a regolare il proprio stato di colpa e di rabbia cercando di non essere travolti dalle emozioni nella relazione con il bambino. E’ assolutamente normale commettere errori ma non è utile condannare noi stessi, può essere invece importante imparare la riparazione della rottura o prevenirla.

Quando impostiamo regole o limiti, è necessario spiegare il perché dietro di essi. I bambini sono più inclini a rispettare le regole se comprendono la ragione alla base di esse essendo in grado di darvi un senso.

Il bisogno di attenzione dei bambini piccoli può essere in contrasto con il nostro bisogno di avere degli spazi, in questo caso invece di irritarci perché ci sentiamo obbligati, o di ignorare il bambino, potremmo spiegargli la situazione dicendo che abbiamo bisogno di stare da soli, ad esempio per dieci minuti, ma che poi torneremo e saremo disponibili.

Quando ci troviamo a dover dire dei no, può essere utile spiegare la ragione della nostra risposta in modo empatico e non limitarci al semplice no. Essere empatici significa sapersi mettere nei panni dell’altro, essere in grado di comprendere le sue emozioni e di sintonizzarci con esse differenziandole dalle nostre.

Se il bambino si comporta in modo inappropriato in pubblico invece di concentraci sulla reazione degli altri, sulla nostra eventuale vergogna e agendo comportamenti estremamente severi, possiamo portare la nostra attenzione allo stato emotivo del bambino, cercare di comprenderlo e intervenire in modo congruente.

In quelle situazioni in cui si è rotta la sintonia e abbiamo agito con rabbia, possiamo tentare di riparare prendendoci prima il tempo di recuperare uno stato di tranquillità. Si tratta prima di tutto di analizzare la situazione che ha portato alla rottura prendendone le distanze, cercare poi di ristabilire un contatto con il bambino chiedendo e dando spiegazioni con calma ed empatia.

Quando c’è stata una rottura o il bambino ha vissuto esperienze difficili che hanno suscitato forti emozioni possiamo incoraggiare il bambino a raccontarci l’evento, in questo modo contribuiamo a riorganizzare il suo pensiero, a costruire una narrazione sensata e a superare lo stato di attivazione emotiva.

Un intervento sulla genitorialità è utile ad aiutare ad individuare la connessione tra la propria storia infantile di attaccamento e i propri comportamenti di accudimento, può inoltre essere d’aiuto a comprendere e accettare le emozioni negative suscitate dalla relazione con i nostri figli. Un percorso psicoterapeutico può aiutare a imparare a regolare il comportamento dei nostri figli evitando così un intervento psicologico a loro diretto.

Se pensi di aver bisogno di un consulto psicologico e di iniziare una psicoterapia online, puoi fissare un appuntamento scrivendo a info@marinaugolini.it

dr. Marina Ugolini

Bibliografia
Errori da non ripetere – Daniel J. Siegel e Mary Hartzell
Il linguaggio delle emozioni – Antonella Granieri, Cesare Albasi
La mente relazionale – Daniel J. Siegel
Psicoterapia dell’età evolutiva – Furio Lambruschi